mercoledì 14 giugno 2017

Un giorno non vale l’altro. Oggi è oggi






Sapete quando dite:

 

da lunedì dieta ma oggi colazione con cappuccio e brioche!” e sapete dentro di voi che quel lunedì è solo un lunedì di qualche giorno nel calendario ma non è il prossimo, non è quello ben preciso;

 

durante le vacanze voglio nuotare almeno un kilometro al giorno e andare a correre sulla battigia all’alba” bene siete al mare, c’è l’acqua, potreste nuotare anche per 100 kilometri ma… il più delle volte entrate solo fino a mezzo busto per fare la pipì: l’acqua è fredda, poi mi tocca incremarmi di nuovo, devo stare attenta ai bambini, ho il cagnolino sotto l’ombrellone e ho paura faccia casino con la vicina…

 

anno nuovo, vita nuova” e il 1 gennaio di ogni anno stringete quel fottuto flûte di champagne con la speranza che vi porti veramente una nuova vita, una ventata d’aria fresca ma poi arriva  mezzogiorno, vi alzate e vi preparate per andare a pranzo dai suoceri come sempre, come ogni singolo capodanno degli ultimi 20 anni e pensate che niente cambierà.

 

quest’anno facciamo qualcosa di carino per il nostro anniversario!... " e poi arriva maggio, ci si perde tra i mille appuntamenti, i telefoni che squillano, le vacanze da prenotare, gli acciacchi dei genitori e ci si dice “ ma sì festeggeremo… tanto un giorno vale l’altro”..



Ecco è qui il punto: un giorno non vale l’altro. Oggi è oggi. Oggi ci sei, sei qui davanti a me e scegli di rimandare, di non fare, di stare semplicemente fermo, scegli “di essere al mondo” come diceva mia nonna ma non di viverlo questo mondo, qui, ora, esattamente in questo attimo.

 

e ancora vi è mai capitato di dire

sì potremmo andare al mare ma prima guardiamo le previsioni” stiano subordinando la nostra volontà a una previsione meteo…

 

sarebbe bello vedersi per un aperitivo una di queste sere, ci sentiamo più avanti e ci mettiamo d’accordo” e appena chiudiamo la conversazione sappiamo già che troveremo una scusa prima o poi per rimandare, senza sapere veramente il reale motivo del procrastinare

 

piacerebbe anche a me cambiare lavoro” commentiamo quando il collega di turno dà le dimissioni…già ma poi festeggiamo i 20 anni nello stesso ufficio con pasticcini e coca cola (negli uffici in orario di lavoro: niente alcol! :) - casomai il boss leggesse ;))

 

C’è sempre una scusa, qualcosa che mi fa predicare bene e razzolare male, un guizzo di razionalità che blocca il mio istinto.

Ecco questo è il mio problema, uno dei tanti che sto scoprendo: non osare, non andare oltre le convenzioni, o semplicemente restare nella nostra zona di comfort.



La paura di sfidare il certo per l’incerto, la paura di essere diversa, la paura di fallire: quella stessa paura che 22 anni fa mi fece rimanere incollata a una sedia e non affrontare il provino a teatro che sognavo da una vita.
Quel fottutissimo terrore di essere giudicata che mi ha spinto a raccontare che fui scartata, quel giorno, ai provini del “Piccolo Teatro di Milano” e non semplicemente raccontare la verità: cioè che le mie gambe erano paralizzate e il cuore che stava esplodendo mi soffocava la voce…semplicemente non mi alzai dalla poltroncina quando sentii il mio nome... fissavo solo la punta delle mie scarpe...

 

La cosa più folle era che non avevo nemmeno il coraggio di fare colazione da sola in un Hotel. Vi rendete conto???

Quando ho iniziato a lavorare e di conseguenza a girare per i vari hotel ricordo che pur di non scendere a fare colazione da sola la saltavo completamente, nemmeno un caffè, restavo in stanza e aspettavo l’orario di uscire.
Rinunciavo a quei banchetti deliziosi pieni di ogni ben di Dio (all'epoca non ero ancora vegana) per non farmi vedere da sola: “mi prendeva male”.

 

A dire il vero mi angosciava anche l’idea di salire su un treno o un aereo da sola, così giorni prima mi preparavo mentalmente al viaggio e percorrevo mentalmente gli step della giornata che avrei avuto davanti (inconsciamente visualizzavo) da lì a poco:

 

La stazione centrale, i senza tetto, i ladri: attenzione alla borsetta: stringila forte Ale e controlla, controlla ossessivamente che il portafogli sia sempre lì dove lo avevi riposto all’interno della borsa.

 

L’aeroporto, il check all’ingresso a sinistra: poi percorri tutto il corridoio e svolti a destra per i controlli. Ricordati di mettere gli anelli meno costosi: non si sa mai e di preparare già il pc nella borsa senza involucri aggiuntivi. La toilette dovrebbe trovarsi dietro il bar che è appena sotto le scale, quell’unico bar che non ha le brioche integrali per cui ordinerai quella vuota, un caffè e una spremuta… non bere troppo o in volo dovrai andare al bagno e non potrai portare con te il pc che è aziendale. E se lo rubano? e se cade e si rompe? non è tuo: devi averne ancora più cura, la cura del bravo padre di famiglia… così dicevano a Diritto Privato . In statale. Dove non mi sono mai laureata… comunque la toilette dovrebbe trovarsi dietro quel bar, vado col trolley ma dentro? ci starà? meglio mettere una mignon di profumo in borsa e il khajal così ritocco il tratto nero sopra gli occhi…



Fissi il monitor della stazione in attesa del binario del treno o dell’imbarco sull’aereo, ti senti spazientita, in ritardo anche quando sei in anticipo: sei ferma. Immobile ma stai correndo freneticamente. Con la mente. Ti senti esausta ancora prima di cominciare la giornata. Una lunga giornata, che hai già vissuto più e più volte nella tua testa, che hai organizzato meticolosamente nei minimi dettagli… ma… non hai fatto i conti con l’Universo, con le reazioni alle tue azioni, alle tue paure… così il treno è in ritardo “ lo sapevo….acc…” , l’aereo è in cosa per il decollo “non avevo dubbi, avrei dovuto partire ancora prima! acc…” e ti agiti sempre più tentando di lottare contro quella sensazione di frustrazione che cresce e ti pervade sino alla punta dei capelli: l’immobilità del fisico e la schizofrenia della mente.



Certo non è un gran bel biglietto da visita vi direte voi: una donna che ha un bel lavoro, ma soprattutto ha un lavoro (che è già un traguardo importante per molti, quasi tutti) che si stressa per prendere un aereo o un treno “potessi farlo io!...” chi di voi non l’ha mai pensato? e torniamo così alle prime righe di questo libero… “ se, ma, vorrei, farò…”

 

Viviamo qui, ora, adesso e nel qui e ora non ci sono se e ma. Esiste solo il tempo presente e se lo dice una che fin dalle elementari era fissata con la grammatica e i tempi dei verbi: fidatevi.

Non a caso il presente indicativo è il primo che spontaneamente impariamo, studiamo prima a scuola e impariamo nelle lingue straniere. Quello che ci accomuna tutti. Quello che ci identifica, perché nel qui e ora ci siamo tutti: io che scrivo, voi che fate qualcosa, loro che mi guardano scrivere: nel qui e ora.

 



Tutti i libri o i racconti che si rispettino partono dal passato: potrei iniziare a raccontarvi della bambina mora e paffutella o della ragazzina magra come un fuso coi capelli corti perché in piscina sono più comodi, un’anima fragile e introversa che si esprimeva attraverso un’adolescenza ribelle problematica per giungere poi alla donna di oggi ( non immaginate quanto mi sembri ancora strano definirmi “donna” non che non lo sia o non ne sia felice ma nella concezione moderna indica un adulto, una persona dalla quale ci si aspettano determinati comportamenti, un individuo omologato agli altri, mamma, casalinga, moglie, lavoratrice in carriera…io sono semplicemente e fantasticamente io: Alex).

 

La donna di oggi si chiama Alex e ha voglia di essere una pietra miliare nel mondo.



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