“da lunedì dieta ma oggi colazione
con cappuccio e brioche!” e sapete dentro di voi che quel lunedì è solo un
lunedì di qualche giorno nel calendario ma non è il prossimo, non è quello ben
preciso;
“durante le vacanze voglio nuotare
almeno un kilometro al giorno e andare a correre sulla battigia all’alba”
bene siete al mare, c’è l’acqua, potreste nuotare anche per 100 kilometri ma…
il più delle volte entrate solo fino a mezzo busto per fare la pipì: l’acqua è
fredda, poi mi tocca incremarmi di nuovo, devo stare attenta ai bambini, ho il
cagnolino sotto l’ombrellone e ho paura faccia casino con la vicina…
“anno nuovo, vita nuova” e il 1 gennaio
di ogni anno stringete quel fottuto flûte di champagne con la speranza che vi
porti veramente una nuova vita, una ventata d’aria fresca ma poi arriva mezzogiorno, vi alzate e vi preparate per
andare a pranzo dai suoceri come sempre, come ogni singolo capodanno degli
ultimi 20 anni e pensate che niente cambierà.
“quest’anno facciamo qualcosa di carino per il nostro anniversario!... " e
poi arriva maggio, ci si perde tra i mille appuntamenti, i telefoni che
squillano, le vacanze da prenotare, gli acciacchi dei genitori e ci si dice “
ma sì festeggeremo… tanto un giorno vale l’altro”..
Ecco è qui il punto: un giorno non vale l’altro. Oggi è oggi. Oggi ci
sei, sei qui davanti a me e scegli di rimandare, di non fare, di stare
semplicemente fermo, scegli “di essere al mondo” come diceva mia nonna ma non
di viverlo questo mondo, qui, ora, esattamente in questo attimo.
e ancora vi è mai capitato di dire
“sì potremmo andare al mare ma prima guardiamo le previsioni” stiano
subordinando la nostra volontà a una previsione meteo…
“sarebbe bello vedersi per un aperitivo una di queste sere, ci sentiamo più
avanti e ci mettiamo d’accordo” e appena chiudiamo la conversazione sappiamo
già che troveremo una scusa prima o poi per rimandare, senza sapere veramente
il reale motivo del procrastinare
“piacerebbe anche a me cambiare lavoro” commentiamo quando il collega di
turno dà le dimissioni…già ma poi festeggiamo i 20 anni nello stesso ufficio
con pasticcini e coca cola (negli uffici in orario di lavoro: niente alcol! :) - casomai il boss leggesse ;))
C’è sempre una scusa, qualcosa che mi fa predicare bene e razzolare male,
un guizzo di razionalità che blocca il mio istinto.
Ecco questo è il mio problema, uno dei tanti che sto scoprendo: non osare,
non andare oltre le convenzioni, o semplicemente restare nella nostra zona di comfort.
La paura di sfidare il certo per l’incerto, la paura di essere diversa, la
paura di fallire: quella stessa paura che 22 anni fa mi fece rimanere incollata
a una sedia e non affrontare il provino a teatro che sognavo da una vita.
Quel
fottutissimo terrore di essere giudicata che mi ha spinto a raccontare che fui
scartata, quel giorno, ai provini del “Piccolo Teatro di Milano” e non
semplicemente raccontare la verità: cioè che le mie gambe erano paralizzate e
il cuore che stava esplodendo mi soffocava la voce…semplicemente non mi alzai dalla poltroncina quando sentii il mio nome... fissavo solo la punta delle mie scarpe...
La cosa più folle era che non avevo nemmeno il coraggio di fare colazione
da sola in un Hotel. Vi rendete conto???
Quando ho iniziato a lavorare e di conseguenza a girare per i vari hotel
ricordo che pur di non scendere a fare colazione da sola la saltavo
completamente, nemmeno un caffè, restavo in stanza e aspettavo l’orario di
uscire.
Rinunciavo a quei banchetti deliziosi pieni di ogni ben di Dio (all'epoca non ero ancora vegana) per non
farmi vedere da sola: “mi prendeva male”.
A dire il vero mi angosciava anche l’idea di salire su un treno o un aereo da sola, così giorni prima mi preparavo
mentalmente al viaggio e percorrevo mentalmente gli step della giornata che avrei avuto davanti (inconsciamente
visualizzavo) da lì a poco:
La stazione centrale, i senza tetto, i ladri: attenzione alla borsetta:
stringila forte Ale e controlla, controlla ossessivamente che il portafogli sia
sempre lì dove lo avevi riposto all’interno della borsa.
L’aeroporto, il check
all’ingresso a sinistra: poi percorri tutto il corridoio e svolti a destra per
i controlli. Ricordati di mettere gli anelli meno costosi: non si sa mai e di
preparare già il pc nella borsa senza involucri aggiuntivi. La toilette
dovrebbe trovarsi dietro il bar che è appena sotto le scale, quell’unico bar
che non ha le brioche integrali per cui ordinerai quella vuota, un caffè e una
spremuta… non bere troppo o in volo dovrai andare al bagno e non potrai portare
con te il pc che è aziendale. E se lo rubano? e se cade e si rompe? non è tuo:
devi averne ancora più cura, la cura del bravo padre di famiglia… così dicevano
a Diritto Privato . In statale. Dove non mi sono mai laureata… comunque la
toilette dovrebbe trovarsi dietro quel bar, vado col trolley ma dentro? ci
starà? meglio mettere una mignon di profumo in borsa e il khajal così ritocco
il tratto nero sopra gli occhi…
Fissi il monitor della stazione in attesa del binario del treno o
dell’imbarco sull’aereo, ti senti spazientita, in ritardo anche quando sei in
anticipo: sei ferma. Immobile ma stai correndo freneticamente. Con la mente. Ti
senti esausta ancora prima di cominciare la giornata. Una lunga giornata, che
hai già vissuto più e più volte nella tua testa, che hai organizzato
meticolosamente nei minimi dettagli… ma… non hai fatto i conti con l’Universo,
con le reazioni alle tue azioni, alle tue paure… così il treno è in ritardo “
lo sapevo….acc…” , l’aereo è in cosa per il decollo “non avevo dubbi, avrei
dovuto partire ancora prima! acc…” e ti agiti sempre più tentando di lottare
contro quella sensazione di frustrazione che cresce e ti pervade sino alla punta
dei capelli: l’immobilità del fisico e la schizofrenia della mente.
Certo non è un gran bel biglietto da visita vi direte voi: una donna che ha
un bel lavoro, ma soprattutto ha un lavoro (che è già un traguardo importante
per molti, quasi tutti) che si stressa per prendere un aereo o un treno
“potessi farlo io!...” chi di voi non l’ha mai pensato? e torniamo così alle
prime righe di questo libero… “ se, ma, vorrei, farò…”
Viviamo qui, ora, adesso e nel qui e ora non ci sono se e ma. Esiste solo
il tempo presente e se lo dice una che fin dalle elementari era fissata con la
grammatica e i tempi dei verbi: fidatevi.
Non a caso il presente indicativo è il primo che spontaneamente impariamo,
studiamo prima a scuola e impariamo nelle lingue straniere. Quello che ci
accomuna tutti. Quello che ci identifica, perché nel qui e ora ci siamo tutti:
io che scrivo, voi che fate qualcosa, loro che mi guardano scrivere: nel qui e
ora.
Tutti i libri o i racconti che si rispettino partono dal passato: potrei
iniziare a raccontarvi della bambina mora e paffutella o della ragazzina magra
come un fuso coi capelli corti perché in piscina sono più comodi, un’anima
fragile e introversa che si esprimeva attraverso un’adolescenza ribelle
problematica per giungere poi alla donna di oggi ( non immaginate quanto mi
sembri ancora strano definirmi “donna” non che non lo sia o non ne sia felice
ma nella concezione moderna indica un adulto, una persona dalla quale ci si
aspettano determinati comportamenti, un individuo omologato agli altri, mamma,
casalinga, moglie, lavoratrice in carriera…io sono semplicemente e
fantasticamente io: Alex).
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